“Se dessi troppe anticipazioni sullo spettacolo finirei col privarvi del piacere di scoprire da soli la perfomance. Comunque, posso dire che Ant Hampton, che da tempo porta avanti una riflessione sui media e la cultura digitale, propone una critica ironica, intelligente e articolata della stupidità che genera la nostra auto-amputazione collettiva con le tecnologie digitali. Alla fine, una volta tolte le cuffie, ci è voluto un bel po’ prima di ritrovare la capacità di prendere un’iniziativa, il che attesta l’efficacia dell’esperimento condotto da Rotozaza su di noi. Chiunque sia alla ricerca di un’esperienza teatrale unica e godibile non deve perdere GuruGuru.”


Will Fulton - NYtheatre.com - leggi la recensione completa

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Come con quasi tutto ciò che fa Rotozaza, non bisogna dare troppe spiegazioni: si corre il rischio di rovinare la sorpresa. Quanto segue si rivolge a COLORO CHE HANNO GIA’ FATTO L’ESPERIENZA di GuruGuru e vogliono sapere qualcosa di più sugli artisti autori e sulla loro filosofia.


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Uno dei piaceri del “fare” GuruGuru sta nel fatto che quando cominciamo, non sappiamo chi siamo, dove ci troviamo, quali motivazioni abbiamo e cosa ci aspetta e questo senso sconcertante di disorientamento viene gradualmente compensato dalla conversazione, dalle relazioni e dalla storia che si sviluppa semplicemente seguendo le istruzioni di una voce pre-registrata.



Man mano che deleghiamo, “esternalizziamo” le nostre responsabilità a una macchina, mettiamo sempre più a fuoco la distopia di cui siamo preda: un mondo in cui la mancanza di fiducia (qui esemplificata dalla glossofobia, o “paura del palcoscenico”) viene contrastata “prescrivendo” le cuffie a dei pazienti che poi vengono guidati da una voce “che già sa quello che avresti fatto comunque”.


Si tratta di una versione avanzata di quello stesso cervello che sta già, attualmente, regolando le cose nel nostro mondo, il cervello che legge le nostre e-mail e ci offre prodotti in linea con i nostri gusti, il robot che ci chiama per nome al telefono di mattina, lo scanner che segue le nostre pupille quando osserviamo la merce sugli scaffali al supermercato. E’ tutto molto intelligente. Ma che succede quando il sistema sbaglia o si guasta? A che punto dobbiamo smettere di fidarci?










GuruGuru è il frutto dell’amicizia tra Hampton, Koyama e Khroustaliov consolidata in più di 20 anni e ingloba spunti e idee che spaziano su molti generi - film, musica, terapia, animazione, progetti architettonici,  notti in discoteca e - con Khroustaliov (alias Sam Britton) – nove performance Rotozaza, in particolare BLOKE (1999, vedi sopra), l’esperimento che segnò l’inizio della sperimentazione di Rotozaza della performance estemporanea e della rappresentazione scenica basata sull’esecuzione di comandi e istruzioni.




Il loro mondo è caratterizzato da un amore condiviso per l’osservazione di ciò che accade quando i sistemi vengono meno perché attaccati o messi in crisi: sistemi meccanici, politici, valoriali – è tra le macerie del loro malfunzionamento che le idee dei tre artisti trovano espressione, proprio lì, in quello scarto angosciante tra il “come è andata” e il “come si voleva che andasse”. In questo scarto, spesso, lo stranamente familiare si mescola con l’altro non identificabile; ad esempio, il trattamento elettronico in tempo reale di un banjo nel 'Junkspace' di Khroustaliov (realizzato all’IRCAM di Parigi, vedi sotto parte della composizione),




oppure, nel film di Koyama 'First Place', un modellino di plastica di Michael Schumacher in una posa di trionfo, con le braccia alzate, che affronta disperato una traversata in un paesaggio artico, lasciandosi il relitto della sua auto da corsa alle spalle.









La particolare 'alterità' di Koyama si riconosce anche in GuruGuru, nei tratti del viso intenzionalmente primari e grezzi del personaggio del 'Guru' sullo schermo. Tra i silenzi, gli errori di funzionamento e gli scoppi improvvisi, si sviluppa una banalità estatica, un vuoto invisibile e perturbante in cui l’azione sembra oscillare tra ilarità e paura. Il tutto esasperato dal fatto che la voce di questo personaggio si fonde con una delle voci inglesi più rassicuranti, quella del famoso speaker radiofonico di BBC Radio 4, Peter Donaldson, che il Sunday Times descriveva come "levigata e odorosa come legno di palissandro, con cadenze eleganti e un’umanità bonaria". La sua voce era famosa anche per essere quella del 'four minute warning', l’allarme dei 4 minuti ufficiale in Gran Bretagna durante la guerra fredda, che in caso di attacco nucleare sarebbe stato trasmesso da altoparlanti, tv e radio.






L’atto di mettere insieme, pezzo dopo pezzo, una faccia che poi comincia a parlare e a rivolgersi ai suoi creatori, produce effetti altamente perturbanti. E spiega anche, ripercorrendola a ritroso, la storia di come dalla psicanalisi si siano sviluppati il marketing pubblicitario e le ricerche di mercato: attraverso un focus group (ogni partecipante interviene per dire quali sono i suoi 'sentimenti' riguardo agli occhi, le narici, la voce, ecc.), si crea un 'mediatore' che tenta una sorta di seduta di terapia di gruppo per affrontare i problemi che vive ciascun individuo.




E’ attraverso la nozione del perturbante di Freud che viene esplorata e analizzata la storia del rapporto dell’uomo moderno con se stesso, rivelando esperimenti falliti, intenzioni distorte e, infine, una forma mentis orientata esclusivamente al consumo. La performance illustra quell’istante in cui il nostro ottimismo e la nostra 'fiducia' nel sistemi vanno bruscamente in frantumi, il ventre delle idee di Freud, manipolate, si apre per avvilupparci nelle sue viscere, e si chiede – fino  a quando vogliamo farci dire cosa fare?

E’ una forma di dipendenza?




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Ant Hampton è un performance maker, vive a Londra, UK, dal 1998 lavora in/come Rotozaza e anche in progetti da solista, collaborazioni, ecc.. Ha partecipato a progetti di Jerome Bel, Forced Entertainment e Tim Etchells. Ant porta avanti un progetto di esplorazione performativa di 'live portraiture' con Greg McLaren come ‘The Other People'.  Nel 2008 ha lavorato come drammaturgo per "Scenarios" a Manifesta7 Biennale Europea di Arte Contemporanea.

guessbook.wordpress.com & theotherpeople.org


Joji Koyama Nato a Tokyo e residente a Londra, Koyama è un pluri-premiato film-maker, animator e graphic artist. Ha diretto i corti “From Nose to Mouth” (Arts Council of England), “Watermelon Love” (Channel 4, NESTA), e più di recente “First Place” (Animasivo). I suoi film sono stati presentati in festival cinematografici internazionali, gallerie e musei. E’ noto anche per aver diretto dei video musicali con lo pseudonimo di Woof Wan-Bau per artisti come Four tet, Mogwai e Coldcut.

Woof Wan-Bau & Joji Koyama.com


Isambard Khroustaliov è lo pseudonimo da solista di Sam Britton del gruppo elettronico Icarus. Ha partecipato a nove produzioni teatrali con Ant Hampton dal 1993. Il primo spettacolo di Rotozaza con istruzioni impartite in modo estemporaneo a un performer, BLOKE, nacque da una collaborazione tra Ant e Sam a Parigi, nel 1999. Sam ha studiato architettura presso l’Architectural Association di Londra, ma si è dedicato a tempo pieno alla musica dopo il primo contratto discografico quando era ancora studente. Dal 1997 ha registrato musica per molte etichette di musica elettronica indipendenti nel Regno Unito e negli USA (Output Recordings, Temporary Residence, Domino e The Leaf Label) tra gli apprezzamenti della critica. Continua a esibirsi come Icarus (con Ollie Bown) in tutta Europa. Nel 2006 ha conseguito un master in musica elettronica e composizione all’IRCAM a Parigi e sta attualmente svolgendo un PhD in composizione presso la Brunel University, UK.

not-applicable.org  & differance.org



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